Weekly Playlist N.09 (2023)

 

Risparmiateci per cortesia le lamentele su qualche attesa recensione del martedì rinviata, che qui ogni tanto persino a noi araldi del suono macabro tocca fare i conti con lavoro, impegni e calamità naturali più o meno prevedibili. Quindi per una volta facciamo che tacete, vi stendete sul lettino del dottore e lasciate che sia la musica a parlare per voi permettendovi di sfogare i vostri istinti meno socialmente convenienti: se poi questa è già la vostra prassi ogni due giovedì, allora congratulazioni per aver azzeccato da subito il mood dei nostri appuntamenti bisettimanali. Ciò detto, pur con qualche intoppo sulla tabella di marcia editoriale ed un maggio abbastanza sonnacchioso se consideriamo gli standard da lui stesso segnati (e, per chi ha buona memoria, già traditi lo scorso anno), ciò non toglie che in redazione ci siamo goduti al massimo le più recenti uscite di questa maledetta primavera piena di lampi, tuoni e grandi dischi. Marzo aveva immediatamente dettato la linea coccolandoci con Heimdal” degli Enslaved, il quale ha disertato il suo appuntamento con l’usuale focus monografico lasciandoci però una “The Eternal Sea” ottima per ingannare l’attesa del prossimo appello, senza scordarsi però dei più tradizionalisti appagati invece dai Fagus di Inter”, ossia una band ed un esordio i quali non devono assolutamente perdersi nel mucchio, pena il venir meno di composizioni meravigliose del calibro di “Tyche” e non solo lei; per quanto concerne invece aprile, accantonando per ora quei Dødheimsgard trionfatori assoluti nelle top 5 appena affisse in bacheca, a tenere banco sono le sensazioni forti innescate da “A Ravenous Oblivion” degli Austere, secondo dei quattro movimenti di cui è composto il fenomenale ritorno Corrosion Of Hearts”, mentre più in là i Blodtår sfogano la rabbia per la mancata qualificazione tra i fab four del mese incendiando le casse sulle note di “I Avgrundens Djup” e promettendo vendetta verso chi non ha reso il giusto merito al già formidabile debutto Det Förtegna Förflutna”. Se è vero che la prima impressione è quella che conta, vuol dire che sia Blodtår che Fagus sono destinati a dire e dare parecchio all’interno dei salotti più raffinati, esattamente come avrebbero fatto certi Àrsaidh dopo aver dato alle stampe il loro unico lavoro Roots” ed aver cambiato nome in Saor: prima tappa della playlist e pure del percorso tra le ricorrenze, la title-track di tale totem decennale ci riporta al 2013 preso d’assalto dal venticinquenne Andy Marshall recentemente passato per l’Italia, anche se forse con meno fascino rispetto ai bei tempi. I sedici minuti di magia regalatici dallo scozzese falso e manco troppo cortese, come detto, non sono solo prodromo all’intera scaletta ma pure il prologo agli anniversari i quali, ad esclusione di tale pur corposa introduzione, pesca ben cinque dischi stupendi dalla storica annata del 1998, il cui mese di maggio fu appena un pelino meglio di quello corrente come testimoniato dal nostro infallibile almanacco nel quale, sin dal quinto giorno, sono riportati due nomi imprescindibili: di nuovo un debutto svedese, stavolta Nordstjärnans Tidsålder” degli inflessibili Månegarm, ci mostra attraverso l’anthemica “Nordanblod” come da sempre quel popolo abbia saputo bilanciare appieno eleganza e cattiveria, mentre i finnici Impaled Nazarene manco a dirlo si sono concentrati sulla seconda delle due quando c’era da incidere “The Return Of The Nuclear Gods”, vetta di bon-ton sul delizioso Rapture”. Fu però la Svezia a trionfare nella grande guerra scandinava sull’onda radioattiva dell’ordigno sganciato dai Dawn e ritratto sulla copertina di Slaughtersun (Crown Of The Triarchy)”, salvo poi sterminare le forme di vita rimaste grazie al gas tossico esalato dal mini Submit To Selfdestruction” che segnava la venuta al mondo degli Shining; in rapida successione ecco quindi “Stalker’s Blessing” e “Submit To Selfdestruction”, e la giornata prende un ottima piega. Cosa stesse succedendo nel triangolo delle bermude compreso tra Norrtälje, Linköping ed Halmstad rimane un qualcosa di semplicemente incomprensibile, ma sta di fatto che in Norvegia un manipolo di eroi organizzò una sanguinaria resistenza a colpi di “The Paramount Empire” contro le orde gialloblù imbastendo un quarto d’ora di ferale Black Metal chiamata Satanic Art”, l’ultima prima di trasformarsi in un’entità avulsa da ogni categoria e continuare a meravigliare i loro sostenitori ancora oggi.

Ascoltatela interagendo con il tasto play sottostante. Buona scoperta!

 

1. Àrsaidh“Roots” (from Roots”, Darker Than Black Records 2013)

2. Enslaved“The Eternal Sea” (from Heimdal”, Nuclear Blast Records 2023)

3. Austere“A Ravenous Oblivion” (from Corrosion Of Hearts”, Prophecy Productions 2023)

4. Månegarm“Nordanblod” (from Nordstjärnans Tidsålder”, Displeased Records 1998)

5. Impaled Nazarene“The Return Of The Nuclear Gods” (from Rapture”, Osmose Productions 1998)

6. Dawn“Stalker’s Blessing” (from Slaughtersun (Crown Of The Triarchy)”, Necropolis Records 1998)

7. Shining“Submit To Selfdestruction” (from Submit To Selfdestruction” (EP), Selbstmord Services 1998)

8. Blodtår“I Avgrundens Djup” (from Det Förtegna Förflutna”, Nordvis Produktionen 2023)

9. Fagus“Tyche” (from Inter”, Silent Future Recordings 2023)

10. Dødheimsgard“The Paramount Empire” (from Satanic Art” (EP), Moonfog Productions 1998)

Michele “Ordog” Finelli

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